sabato 3 ottobre 2015

Che cosa dobbiamo fare, fratelli?

 Che cosa dobbiamo fare, fratelli?



Nulla è mai del tutto perduto, quando c’è di mezzo la grazia. Se i cittadini di Gerusalemme, dopo aver ascoltato san Pietro imputare loro la morte di Gesù, con il cuore trafitto dal pentimento ebbero speranza sufficiente per porgli questa domanda (cf. At 2, 36-37), quanto più coloro che Lo servono fedelmente e desiderano ardentemente conoscere la Sua volontà hanno il diritto di porgerla! La situazione surreale in cui, loro malgrado, si trovano rende tale questione quanto mai pressante, ma costituisce altresì un argomento stringente per reclamare un rapido esaudimento. Quando tutto sembra crollare, il Signore della storia non può abbandonare i Suoi fedeli allo smarrimento e all’incertezza; è Lui, l’unico in grado di aprirlo, che in virtù della Sua morte redentrice e della Sua risurrezione ha preso dalla destra del Padre il rotolo sette volte sigillato che contiene i Suoi insondabili decreti circa la sorte dell’umanità (cf. Ap 5, 6-7).

Se, nella storia della Chiesa, si è colpito il clero simoniaco e concubinario negandogli ogni forma di sostentamento e disertandone le celebrazioni, tanto più è doveroso farlo nei confronti di quei chierici che demoliscono la fede dei semplici con il loro insegnamento eterodosso e con la loro condotta immorale. Non frequentate più le parrocchie in cui si predicano eresie o si dà scandalo con comportamenti indegni; non fate più offerte e non chiedete più i Sacramenti in quei luoghi, ma rivolgetevi soltanto a sacerdoti affidabili, anche se fosse necessario spostarsi. È pur vero che, a norma di diritto, bisogna far riferimento alla parrocchia nel cui territorio si ha il domicilio; ma, visto che già tanti ministri e fedeli si esimono da sé dal rispetto dei canoni per motivi di preferenza o di amicizia, perché mai dovrebbero sentirsi vincolati in coscienza quelli che vogliono preservare la propria fede ed essere certi di ricevere la grazia?

Ciò che in tempi normali è reprensibile, in circostanze eccezionali può diventare doveroso, purché si tratti, ovviamente, di questioni attinenti al diritto meramente ecclesiastico. I sacerdoti refrattari, durante il Terrore, non chiedevano certo il certificato di residenza ai fedeli che si rivolgevano a loro. Noi non siamo ancora costretti a darci alla macchia per esercitare il sacro ministero, ma a celebrare la Messa antica quasi di nascosto, sì – e per sfuggire alla mannaia non di tribunali rivoluzionari, ma di vescovi “cattolici”. La nostra coscienza può quindi rimanere in pace, quand’anche non osserviamo norme del codice del tutto relative: la salus animarum non è forse la suprema legge della Chiesa, come ci hanno ripetuto in modo martellante nella nostra “formazione”? Solo che, da quanto è dato arguire, secondo loro noi dovremmo salvare le anime autorizzando ciascuno a fare tranquillamente quello che gli pare in base alla sua nozione personale di bene e di male…

Se i vostri Pastori vi chiedono conto di ciò che fate, rispondete spiegando loro apertamente le vostre motivazioni, anche a costo di irritarli o di farvi giudicare integralisti, ma guardatevi bene dal farvi trascinare in una discussione dalla quale uscireste offesi e malconci, dato che non maneggiate quella dialettica perversa che si insegna nei seminari per sfornare preti capaci di aver ragione anche quando hanno torto in modo evidente. Dite quel che dovete dire e scappate via, lasciandoli cuocere nel loro brodo; in ogni caso, avrete compiuto nei loro confronti un atto di carità intellettuale, e chi non è completamente accecato dall’orgoglio si porrà qualche salutare domanda. In un’epoca in cui tutto è capovolto, può pure capitare che tocchi alle pecore salvare il pastore.

È ora di far sentire la propria voce dal basso, dato che quanti erano pronti a farlo dall’alto sono stati bellamente imbavagliati. L’atteso Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, che si aprirà domattina, è già stato preventivamente blindato dalla suprema autorità, visto che in quello preparatorio dell’anno scorso ha trovato una resistenza molto più consistente e agguerrita del previsto. Secondo il nuovo regolamento, appositamente promulgato per l’occasione, i Padri sinodali non si riuniranno mai in assemblea generale, ma lavoreranno unicamente in circoli tematici e sotto stretto segreto. Alla fine il Sommo Pontefice emanerà subito – presumibilmente senza nemmeno avere il tempo di dare un’occhiata alle posizioni emerse durante il sinodo – un documento conclusivo che non potrà essere, come negli altri casi, una sintesi dei diversi contributi (cosa che richiede di solito da un anno a due di lavoro), ma sarà con ogni probabilità un testo preparato in anticipo; i bene informati sostengono in effetti che un gruppo di “esperti” sarebbe già all’opera. Una solenne perdita di tempo, insomma; una pagliacciata di regime in cui le posizioni contrarie non avranno voce – a meno che qualcuno dei buoni non infranga il regolamento…

Manco a dirlo, si fa tutto per il pueblo… che in questo caso è composto – parola di prefetto della Rota romana – di turbe di infelici che la Chiesa avrebbe condannato ingiustamente e senza appello. Se c’è qualcuno che ha il diritto di protestare, sono gli avvocati rotali, che vedranno precipitare i loro favolosi guadagni… a meno che non si crei una procedura per l’annullamento dei matrimoni omosessuali. Ebbene sì, anche di questo dovrà occuparsi il sinodo sulla famiglia – visto che non è più ben chiaro che cosa si intenda con il termine. Se il vostro Vescovo è “aperto” al riconoscimento (senza però usare la parola matrimonio!) di diritti civili per le cosiddette coppie dello stesso sesso, prendete la decisione di non firmare più per la Chiesa Cattolica nella prossima dichiarazione dei redditi e scrivetegli una lettera per esporgliene il motivo. Anche in questo caso, chissà che non si ravveda – se non altro per questioni di bilancio.

Per concludere, raccomando a tutti (anche se mi do la zappa sui piedi) di passare meno tempo a navigare sulla Rete alla ricerca di fatti e misfatti ecclesiastici su cui riversare il proprio sdegno o con cui rinfocolarlo, e un po’ più in ginocchio davanti al crocifisso o al tabernacolo. Qualsiasi cosa possiamo fare, non servirà a nulla senza la preghiera, dato che tutto dipende dalla grazia di Dio. Il nostro non è un combattimento contro le forze della carne, ma contro le potenze demoniache che manovrano il mondo incredulo e i falsi cristiani suoi alleati. Recitate l’esorcismo di Leone XIII – ma solo, ovviamente, se siete incontestabilmente in stato di grazia – e riprendete la Preghiera infuocata del Montfort, qualora l’abbiate tralasciata. Urlate al Cielo come lui, con lo stesso ardore e la stessa incrollabile fede. Presto o tardi dovrà pur esaudirci.
 

Nessun commento:

Posta un commento